Da Gorbaciov a Eltsin: come si sgretolò l'Unione Sovietica tanto cara a Putin

Una data storica
La dissoluzione dell'U.R.S.S.
La fine di un'era
Il discorso delle dimissioni
La dissoluzione formale
Si sgretola, ma senza una sconfitta militare
L'ascesa al potere di Gorbaciov
La necessità di riforme
Il congresso del PCUS
Perestrojka, Glanost e Uskorenie
Cos'è la Perestrojka per Gorbaciov?
L'essenza della Perestrojka
Il rinnovamento
Il disarmo
Reticenze e ostacoli
Il fallimento della Perestrojka
L'interpretazione di Nicolas Werth
Lo scontro politico si fa duro
L'U.R.S.S. non cede
Il malessere e la crisi
Il biennio '90-'91
La Lituania
Il massacro di Vilnius
Lettonia ed Estonia
Il Referendum sulla conservazione dell'U.R.S.S.
Il boicottaggio
L'ascesa di Eltsin
Il braccio di ferro tra Gorbaciov ed Eltsin
Gorbaciov trattenuto con la forza in Crimea
Il colpo di Stato
Il fallimento del 'putsch di agosto'
La fake news della malattia di Gorbaciov
L'esercito si rifiuta di aprire il fuoco sui manifestanti
Eltsin incita il popolo
Dichiarazioni d'indipendenza a catena
La Comunità degli Stati Indipendenti
Riavvolgere il nastro della storia
Una data storica

Mosca, 25 dicembre 1991: sul pennone più alto del Cremlino non sventola più la bandiera rossa con la falce e il martello. Al suo posto viene issata quella bianca, blu e rossa della Russia, il tricolore che risale all'epoca degli zar.

La dissoluzione dell'U.R.S.S.

Michail Sergeevič Gorbačëv, traslitterato in italiano come Gorbaciov, si è appena dimesso da presidente dell'Unione Sovietica.

La fine di un'era

Quasi in sordina, uno dei protagonisti del XX secolo cala il sipario su 70 anni di storia, senza il clamore di cerimonie solenni, né folle radunate a testimoniarlo.

Il discorso delle dimissioni

Gorbaciov si dimette da presidente con un discorso TV di poco più di dieci minuti, in cui spiega: "Il vecchio sistema è crollato prima che il nuovo cominciasse a funzionare e la crisi sociale si è fatta ancora più acuta. Ma cambiamenti radicali in un Paese così vasto non possono passare in modo indolore, senza difficoltà e sconvolgimenti"

La dissoluzione formale

Il 26 dicembre 1991 il suo successore, Boris Eltsin, dissolve formalmente l'U.R.S.S., un regime che, prima degli ultimi concitati anni della storia russa, sembrava essere solido, immutabile ed eterno.

Nella foto: Gorbaciov segue il discorso di Eltsin in TV

Si sgretola, ma senza una sconfitta militare

Per la prima volta nella storia dell'uomo un impero di queste dimensioni cessa di esistere e non lo fa perché sconfitto sul campo di battaglia.

L'ascesa al potere di Gorbaciov

Gorbaciov era salito al potere nel 1985, quando l'U.R.S.S. stava attraversando un periodo davvero difficile: il prezzo del petrolio era diminuito drasticamente, le spese militari per la corsa agli armamenti con gli Stati Uniti e la guerra in Afghanistan erano eccessive e i beni di consumo iniziavano a scarseggiare.

La necessità di riforme

Gorbaciov comprese fin da subito che l'economia del paese aveva bisogno di una riforma radicale per ritrovare dinamismo: il sistema sovietico, sotto il peso dei concorrenti internazionali e dell'inefficienza della macchina burocratica, doveva cambiare.

Il congresso del PCUS

In un discorso al XXVII congresso del PCUS, nel febbraio 1986, fece un'analisi impietosa del degrado politico, economico, tecnologico e morale del Paese. "Ciò di cui ha bisogno oggi l' Urss", dice Gorbaciov, è il "rinnovamento radicale della mentalità di tutti, dal semplice operaio al ministro, e il miglioramento dello stile di lavoro in generale."

Perestrojka, Glanost e Uskorenie

Gorbaciov vuole affrontare questa sfida con tre armi: perestrojka ("ristrutturazione"), glasnost ("trasparenza") e uskorenie ("accelerazione").

Cos'è la Perestrojka per Gorbaciov?

Nel libro "Perestrojka" Gorbaciov scrive:
"È lo sviluppo della democrazia, dell'autogoverno socialista, l'incoraggiamento dell'iniziativa e dell'attività creativa,... una maggiore glasnost, la critica e l'autocritica in tutte le sfere della nostra società.".

L'essenza della Perestrojka

E ancora: "Il risultato finale della perestrojka è un rinnovamento totale di ogni aspetto della vita sovietica.

Il rinnovamento

Cosa prevedeva il rinnovamento auspicato da Gorbaciov? In primis, la privatizzazione di molti settori economici statali, poi la libertà d'informazione e la riduzione del controllo militare e politico sui Paesi satelliti. Non ultimo, la sottoscrizione di trattati con gli Stati Uniti per il disarmo dei missili.

Il disarmo

La competizione militare con gli Stati Uniti, infatti, non era più economicamente sostenibile per l'U.R.S.S. Gorbaciov riprende il dialogo con la controparte e nel 1987 vengono siglati con gli USA accordi per la riduzione degli arsenali militari.

Reticenze e ostacoli

Il riformismo di Gorbaciov, però, applaudito all'estero, incontra reticenze e ostacoli in patria, tanto tra i conservatori del suo partito, come tra i progressisti, e nel paese si susseguono momenti di crisi e tensione.

Il fallimento della Perestrojka

I cambiamenti economici, politici, ed istituzionali e la politica di distensione con l'Occidente non riescono a ottenere i risultati sperati.

L'interpretazione di Nicolas Werth

Lo storico Nicolas Werth lo spiega così: "Pur rompendo i meccanismi dell’economia pianificata istituita, essenzialmente, negli anni Trenta, la perestrojka non seppe definire chiaramente nuove regole del gioco, né proporre ai lavoratori nuove motivazioni".

Lo scontro politico si fa duro

Dinanzi alla penuria dei beni di consumo, all'aumento dei prezzi delle merci, alla dilagante corruzione e al disagio sociale, lo scontro politico si fa ancora più aspro.

L'U.R.S.S. non cede

Eppure, nonostante la crisi, le rivoluzioni di velluto, la caduta del Muro di Berlino e la nascita del primo governo non comunista in Polonia, all'inizio del 1990 l'U.R.S.S., però, non sembrava ancora dar segni di cedimento.

(Nella foto: una donna legge una copia di Royalty Magazine in una sala conferenze durante una visita della Principessa Anne a Mosca nel 1990)

Il malessere e la crisi

Ma il malessere non avrebbe tardato in manifestarsi, soprattutto per il riemergere dei nazionalismi etnici nelle repubbliche sovietiche. Il punto di non ritorno arriva tra il 1990 e il 1991.

Il biennio '90-'91

In questo periodo le tre repubbliche baltiche e la Georgia dichiarano la propria sovranità e ad esse segue la Russia, all'interno della quale iniziava a muoversi una fazione, guidata da Boris El’zin (in italiano traslitterato Eltsin), parallela a quello ufficiale.

La Lituania

La prima delle repubbliche sovietiche a dichiararsi indipendente fu la Lituania, nel marzo 1990. Il governo centrale reagì con sanzioni economiche, ma senza risultati. Il Paese si sentiva da sempre culturalmente e politicamente estraneo all'Unione Sovietica.

Il massacro di Vilnius

All'inizio del 1991, comincia la discesa di Gorbaciov verso l'autoritarismo: ordina all'esercito sovietico di sparare sui manifestanti lituani, in quello che è conosciuto come il massacro di Vilnius. Sono numerosi i morti e feriti.

Nella foto: Foto segnaletiche dei prigionieri dell'ex prigione del KGB, ora museo del genocidio a Vilnius

Lettonia ed Estonia

Mentre a Mosca una folla immensa protestava contro la repressione, in solidarietà con le vittime, anche Lettonia ed Estonia si dichiaravano indipendenti, seguendo l'esempio lituano.

Il Referendum sulla conservazione dell'U.R.S.S.

Era ormai chiaro come i movimenti della storia stessero portando verso la disgregazione dell'Unione Sovietica. In quello che sembrò un ultimo tentativo disperato di conservare lo status quo, Gorbaciov indisse un referendum sulla conservazione dell'U.R.S.S., che sembrava essere stato un successo (il "sì" vinse con circa il 78% dei voti).

Il boicottaggio

Ma fu davvero un successo? In realtà Armenia, Georgia, Moldavia e le tre repubbliche baltiche decisero di boicottarlo e di non partecipare al voto. Il segnale che stavano mandando era inequivocabile: il loro desiderio era l'indipendenza.

Nella foto: Boris Eltsin, al centro, in Armenia nel 1991

L'ascesa di Eltsin

Iniziano così i negoziati tra Mosca e le singole repubbliche: per salvare l'U.R.S.S. non era possibile ignorare le aspirazioni autonomiste. Anche all'interno della Russia, infatti, il nazionalismo radicale aveva cominciato a far sentire la sua voce. A farle da megafono, c'era la figura di un nuovo leader: Boris Eltsin.

Il braccio di ferro tra Gorbaciov ed Eltsin

Nell'esplosiva storia di quegli anni, Gorbaciov ed Eltsin erano diventati i due protagonisti di un braccio di ferro tra due forze: quelle dell'indipendentismo radicale e quelle mirate alla conservazione dello status quo.

Gorbaciov trattenuto con la forza in Crimea

Le trattative di Gorbaciov stavano portando alla firma di un trattato che avrebbe sancito la costituzione di una comunità meno centralizzata, formata da Stati sovietici indipendenti, ma il 18 agosto 1991 venne trattenuto con la forza insieme alla sua famiglia nella sua residenza di Foros, in Crimea.

Il colpo di Stato

I conservatori, in un ultimo tentativo di salvare il sistema sovietico, stavano tentando un colpo di Stato, con il supporto di alcuni alti ufficiali: la loro intenzione era esautorare Gorbaciov e salvare così l'U.R.S.S.

Il fallimento del 'putsch di agosto'

Quello che successe fu proprio il contrario: il colpo di Stato, il cosiddetto 'putsch di agosto' non fece altro che accelerare la disgregazione dell'Unione sovietica e permettere a Eltsin di conquistare sempre più potere.

La fake news della malattia di Gorbaciov

All'indomani del fermo di Gorbaciov, vari esponenti del governo sovietico, tra cui il primo ministro Valentin Pavlov e il vicepresidente Gennadij Janaev, dichiararono, insieme al capo del KGB Vladimir Krjuckov, che, per motivi di salute, Gorbaciov non poteva continuare a mantenere la carica di presidente dell’Unione Sovietica e che la carica sarebbe passata al suo vicepresidente.

L'esercito si rifiuta di aprire il fuoco sui manifestanti

La situazione è questa: Mosca è invasa dall'esercito e dalle truppe speciali che vogliono occupare militarmente la città. La reazione del popolo, però, non tarda ad arrivare: i carri armati vengono letteralmente fermati da migliaia di persone scese in strada per bloccarli.

Eltsin incita il popolo

Eltsin, che il 12 giugno 1991 era stato eletto presidente della Repubblica russa, sale su uno di essi, incitando i cittadini a battersi per la libertà. L'esercito si rifiutò di aprire il fuoco sui manifestanti e il "putsch di agosto" fallì miseramente. La bandiera russa diventa un simbolo.

Dichiarazioni d'indipendenza a catena

Il 24 agosto i carri armati si ritirarono dalle strade di Mosca ed Eltsin ha ormai in mano le redini del Paese. Si susseguono rapidamente le dichiarazioni d'indipendenza delle altre repubbliche: Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaigian, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Armenia, Turkmenistan, Kazakistan.

La Comunità degli Stati Indipendenti

L'8 dicembre 1991 lo stesso Eltsin, in qualità di presidente della Russia, firma con i presidenti di Ucraina e Bielorussia l'Accordo di Belaveža, che sancisce la disgregazione definitiva dell'URSS e la nascita della Comunità degli stati indipendenti (CSI), aperta a tutte le ex repubbliche sovietiche.

Riavvolgere il nastro della storia

Sarà una coincidenza che per i negoziati inerenti al conflitto russo-ucraino sia stata scelta la stessa tenuta in Bielorussia dove l’8 dicembre 1991 fu decretata la fine dell’U.R.S.S.? Il sogno di Putin sarà forse quello di cancellare proprio quest'evento storico?

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