L'intelligenza dei cani è simile a quella degli uomini? La risposta della scienza
Uno studio recente, pubblicato su GeroScience nel marzo 2024, apre nuove prospettive sull'intelligenza dei nostri amici a quattro zampe, suggerendo che possano possedere una forma di intelligenza comparabile a quella degli esseri umani.
I cani, pur non eguagliando l'intelligenza umana, mostrano notevoli capacità cognitive. Recenti studi evidenziano che possiedono componenti chiave dell'intelligenza umana, che li rendono animali facoltà cognitive sorprendenti.
Secondo i risultati dei ricercatori dell’Università Eötvös Loránd, le prove suggeriscono che i cani possiedono un tipo di intelligenza noto come "fattore cognitivo generale" che è molto simile a quella umana.
Per comprendere come i cani si avvicinino agli umani in termini cognitivi, è, quindi, fondamentale assimilare il concetto di "fattore cognitivo generale" e le capacità mentali che regola. Questo approccio, delineato dalla ricerca dell'Università Eötvös Loránd, apre nuove prospettive sulle potenzialità cognitive dei cani, mettendo in luce le sorprendenti affinità tra le nostre intelligenze.
Eric Dolan di PsyPost ha spiegato che il "fattore cognitivo generale", spesso comunemente chiamato fattore "g", è un tipo di intelligenza centrale che "influenza le prestazioni di un individuo in una varietà di compiti". Vediamo un esempio.
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Charles Spearman fu lo psicologo che per primo propose la teoria del fattore "g" nel 1904, osservando come l'intelligenza generale potesse essere paragonata a diverse abilità atletiche negli esseri umani, secondo quanto riportato da Very Well Mind.
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Un essere umano può essere un ottimo corridore, ma questo non significa che sarebbe un bravo pattinatore artistico. Il fatto che qualcuno sia competente in un'area non implica che tale abilità si trasferisca a un altro tipo di attività atletica.
Tuttavia, poiché un buon corridore ha sviluppato le competenze per eccellere nel proprio sport, è probabile che questa persona atletica e in buona condizione fisica possa avere successo anche in altre attività rispetto a qualcuno meno coordinato o meno in forma.
Secondo Spearman, l'intelligenza generale funziona allo stesso modo; inoltre, riteneva che l'intelligenza generale di una persona potesse essere testata, il che ha portato a diverse modalità per valutare il fattore "g" umano da quando la teoria è stata proposta.
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I ricercatori hanno scoperto questa componente dell'intelligenza nei cani studiando come l'età influenzi le strutture gerarchiche della cognizione canina. Lo studio ha incluso 129 razze di cani domestici.
I cani variavano in età e sono stati sottoposti a una combinazione di test cognitivi progettati per esaminare la loro intelligenza, inclusi l'apprendimento associativo, la capacità di risolvere problemi, la connessione sociale e la memoria, secondo quanto riportato da Eric Dolan.
È stato il rigoroso processo di test a rivelare che l'intelligenza canina era molto più interconnessa di quanto i ricercatori avessero precedentemente creduto. I ricercatori hanno riferito che i loro risultati hanno sottolineato "la presenza di un fattore cognitivo generale nei cani."
"I risultati suggeriscono che le capacità cognitive dei cani sono interconnesse piuttosto che indipendenti", ha spiegato a PsyPost Borbála Turcsán, uno degli autori principali dello studio e ricercatore post-dottorato presso il Dipartimento di Etologia.
"Se un cane eccelle in una competenza cognitiva, è probabile che si comporti bene anche in altre. Similmente agli umani, i cani mostrano quello che è noto come un fattore cognitivo generale," ha continuato Turcsán. "Questo fattore globale comprende e influisce su varie abilità cognitive e assomiglia in molti modi al fattore 'g' umano."
I cani avventurosi e quelli curiosi riguardo agli ambienti sconosciuti hanno ottenuto punteggi più alti nel fattore "g" rispetto ad altri e hanno anche mostrato un interesse accresciuto verso oggetti e situazioni nuove, secondo il risultato della ricerca riassunto da Eric Dolan.
I cani con punteggi elevati del fattore "g" eccellevano anche nell'imparare nuovi compiti rispetto a quelli che ottenevano punteggi bassi. "Questa propensione all'esplorazione, alla novità e all'apprendimento si allinea strettamente con i tratti associati al fattore "g" negli esseri umani", ha scritto Dolan.