La tragica storia di David Vetter, il bambino-bolla che 'non ha mai toccato il mondo'
"Non ha mai toccato il mondo, ma il mondo è stato toccato da lui", queste le parole impresse sull'epitaffio di David Phillip Vetter, il primo bambino che ha dovuto vivere tutta la sua breve vita chiuso in una bolla di plastica a causa di una grave malattia.
Il piccolo David è nato nel settembre 1971 ed è venuto a mancare a soli 12 anni, nell'ottobre del 1984, affetto da ADA-SCID (Severe Combined Immunodeficiency Disease - Sindrome di Immunodeficienza Combinata grave da deficit di Adenosin-deaminasi).
Si tratta di una grave malattia genetica che annulla le difese immunitarie. Ecco perché David Vetter è stato obbligato a vivere all'interno di una bolla di plastica: per evitare che virus e batteri potessero provocargli gravi infezioni.
La pratica della bolla di plastica è stata sviluppata proprio negli anni '70, poiché era l'unico modo all'epoca di poter far sopravvivere i bambini colpiti da questa malattia.
Nella foto, un altro bambino affetto dalla stessa malattia.
David Vetter è uscito in pochissime occasioni dalla sua bolla di plastica, come quella volta che alcuni ingegnieri della NASA realizzarono una speciale tuta spaziale progettata appositamente per lui.
Foto: Wikipedia
L'altro momento in cui è uscito dalla bolla è stato quando ha subito il trapianto di midollo, nel tentativo di salvarlo. Il trapianto di midollo da una persona compatibile era l'unica speranza per sopravvivere. Il donatore nel suo caso fu sua sorella.
Foto: funerale di David Vetter
Purtroppo l'intervento non ebbe il successo sperato. Il piccolo David morì qualche settimana dopo in seguito a delle gravi infezioni.
Foto: la madre del piccolo David, nel giorno del suo funerale.
David Vetter divenne un vero caso mediatico per essere stato il primo "bambino-bolla" della storia. Il New York Time, all'epoca, pubblicò un documentario in cui veniva raccontata la sua storia: 'The Boy In The Bubble - David Vetter'.
Foto: Youtube
David non era l'unico bambino a dover vivere in quelle condizioni: come lui, purtroppo, nel corso degli anni ce ne sono stati molti altri.
La storia di David Vetter ha anche inspirato il mondo del cinema. Nel 1976 usciva nelle sale 'The Boy in the Plastic Bubble', film diretto da Randal Kleiser e interpretato da un giovanissimo John Travolta.
Il film racconta la storia di Tod Lubitch, un ragazzo nato con una malattia che lo tiene separato dal mondo esterno, proprio come David. Ma dopo aver provato cosa significhi innamorarsi, sarà costretto a compiere una scelta molto difficile.
Dagli anni '70 a oggi sono stati fatti tantissimi progressi, soprattutto a partire dagli anni '90, quando vennero messi in atto i primi tentativi di terapia genica per trattare la SCID.
In quegli anni a Parigi fu sperimentata una terapia proprio per la particolare patologia da cui era affetto il piccolo David, SCID legata al cromosoma X, in cui il difetto genetico che provoca la mancata produzione di linfociti è situato sul cromosoma X e che colpisce solo i maschi.
Purtroppo la terapia sperimentata a Parigi, anche se con risultati efficaci, presentò anche un grave effetto collaterale: i bambini che si erano sottoposti al trattamento, dopo quache mese, hanno sviluppato la leucemia. Inutile dire che i trattamenti sperimentali furono sospesi.
Nella foto, Wilco, il bambino salvato dalla terapia del Dr Alain Fischer a Parigi nel 2002.
Negli ultimi anni, un grande punto di riferimento in tutta Europa è stata la terapia sviluppata da un gruppo di ricercatori guidato da Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele - Telethon di Milano.
Si chiama Streamvelis ed è la prima terapia genica a base di cellule staminali: "Strimvelis è il risultato di oltre 20 anni di ricerca di medici e ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) ed è stata approvata nel 2016 dall’Agenzia europea del farmaco come primo farmaco salvavita per una rara malattia genetica altrimenti incurabile, chiamata ADA-SCID (immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina-deaminasi)". Dal sito ufficiale dell'Ospedale San Raffaele.
"Strimvelis ha offerto la prospettiva di un futuro a tutti i pazienti trattati, che non avevano un donatore familiare compatibile di midollo osseo e non avevano quindi alcuna opzione terapeutica", sempre secondo quanto riportato dal sito web dell'ospedale.
Secondo le stime del San Raffele di Milano, "dal 2000 a oggi sono 40 i pazienti affetti da ADA-SCID che hanno ricevuto la terapia messa a punto all’SR-Tiget", con un solo caso (accertato nel 2020) di un paziente trattato che ha sviluppato la leucemia. "La somministrazione del farmaco ad altri pazienti è stata temporaneamente sospesa".