L’Artico potrebbe essere il prossimo 'terreno di gioco' di Russia, USA e Cina
Già a giugno 2022, durante il suo intervento al Forum Economico di San Pietroburgo, Igor Sechin, CEO della compagnia petrolifera Rosneft e stretto alleato di Putin, si era espresso in termini simbolici riguardo al futuro economico della Russia, definendo l'Artico come "l'Arca di Noé" in grado di preservare non solo l'economia globale, ma soprattutto quella russa, severamente danneggiata dalle sanzioni imposte dall'Occidente.
Come riporta arctic-russia.ru, il portale degli investimenti della zona artica della Federazione Russa, quest’ultima “rappresenta un quinto delle entrate del bilancio federale”. Non è un caso, insomma, che la Russia sia interessata all’Artico, ma perché questa zona del pianeta sembra oggi ancora più appetitosa di ieri?
Foto: Sergey Pesterev / Unsplash
La Russia, in realtà, ha sempre dimostrato un grande interesse all’Artico, prima di tutto per una questione geografica: sull’Artico si affaccia la più grande linea costiera del paese, quella che comprende la regione della Siberia.
La linea costiera in Siberia, però, ha sempre rappresentato per la Russia un motivo di frustrazione. Le acque della zona artica sono acque navigabili solo alcuni mesi all’anno, normalmente da giugno a novembre. In inverno e primavera, le vie marittime della zona, a causa dei ghiacci, sono quasi totalmente impraticabili.
Foto: Sergey Pesterev / Unsplash
Questa, d’altro canto, potrebbe essere una spiegazione plausibile dell’interesse del Cremlino verso zone di accesso a mari più temperati, come il Mediterraneo, e potrebbe fornire una causa più concludente dell’annessione della Crimea, della presenza russa in Libia, dell’intervento in Siria e perfino della guerra in Ucraina.
Se a giugno Sechin ha parlato dell’Artico, però, non è solo per controbattere agli effetti delle sanzioni occidentali sull’economia russa: il manager russo è consapevole di cosa rappresenti l’Artico per la Russia, ma soprattutto per la società petrolifera che dirige: l’Artico è una zona con il potenziale di diventare cruciale per il commercio globale in un futuro più o meno prossimo.
L’Artico fa gola per innumerevoli motivi: ricchissimo di risorse naturali, per le condizioni geologiche è ancora poco sfruttato. Ma non solo. Il mare Artico potrebbe essere una via di comunicazione e transito più veloce rispetto a quelle che normalmente vengono utilizzate più spesso oggi.
Foto: Annie Spratt / Unsplash
Stando alle ultime stime, i tempi di percorrenza di quella che viene denominata la “rotta marittima del Nord”, sarebbero inferiori del 40% rispetto a quelli di percorrenza delle rotte tradizionali, cosa che si traduce in un risparmio interessante non solo di tempo, ma anche di carburante, rispetto, ad esempio, al trasporto attraverso il Canale di Suez.
Inoltre, la percorribilità di questa rotta marittima artica si tradurrebbe anche in un aumento della possibilità di sfruttare le grandi, grandissime risorse naturali della regione artica (gas e petrolio), garantendone il trasporto tra i diversi porti asiatici e occidentali.
Ma se fino al 2019 il traffico di merci, secondo i dati riportati da arctic-russia.ru, ammontava a 31,5 milioni di tonnellate, le previsioni per il futuro sono promettenti: si stima che entro il 2035 il volume di trasporto merci attraverso la Northern Sea Route sarebbe di 160 milioni di tonnellate. Come sarà possibile?
L’Artico una delle regioni più colpite dal riscaldamento globale e ghiaccia meno anno dopo anno. Ma non solo: le temperature in questa zona del pianeta si innalzano ad un ritmo ben maggiore rispetto ad altre parti del mondo.
Le temperature stanno aumentando in modo particolare nel mare di Barents, a nord della Norvegia e della Russia, 7 volte più velocemente rispetto alla media globale uno studio condotto dall’Istituto di Meteorologia Finlandese, pubblicato sulla rivista scientifica Communications Earth & Environment.
Foto: Marc Marchal / Unsplash
Questo significa, come è già tristemente noto, che i ghiacci artici si stanno sciogliendo. E lo stanno facendo a un ritmo rapidissimo, con terribili conseguenze per il pianeta, ma rendendo anche praticabili nuovi percorsi per le navi mercantili, prima impensabili in alcuni mesi dell’anno.
Foto: Adam Excell / Unsplash
Quella del Mar di Barents è un’area che la Russia, quindi, vorrebbe sfruttare per aumentare i trasporti navali nelle rotte settentrionali. Ma a volerlo non è certo la sola.
Foto: Vadim Artyukhin / Unsplash
Gli oltre 4 milioni di km quadrati su cui si estende l’Artide formalmente non appartengono a nessun paese, sebbene Russia, Canada, Norvegia, Danimarca e Stati Uniti ne possiedano alcune zone. Rappresenta quindi un terreno di potenziale conflitto politico e commerciale tra le varie potenze.
Foto: Ivana Medic / Unsplash
Mosca ha provato diverse volte a far sì che le venisse riconosciuta la sovranità sull’Artide, ma senza risultato. Emblematico fu il suo tentativo nel 2007, come riporta da The Guardian, quando fece calare un contenitore con una bandiera russa sul fondale del Mar Glaciale Artico per rivendicare la possessione di quel tratto di acque.
Pur non avendo un affaccio sul Mar Glaciale Artico, il paese che manifesta un maggiore interesse ai progetti russi sulla Northen Sea Route è la Cina.
In ogni caso, la Cina considera l’Artico cruciale per la sua politica commerciale, tanto che nel 2018 in un documento ufficiale denomina la Rotta del mar del Nord come la “Polar Silk Road”, ovvero la “via della seta polare”.
Secondo Politico, gli Stati Uniti sono in ritardo. E se risaliamo a dichiarazioni di anni precedenti, come quella fornita alla CNN dal retroammiraglio della Marina degli Stati Uniti David W. Titley nel 2019, sono in ritardo già da tempo.
Foto: Annie Spratt / Unsplash
“[L’Artico] è stato fondamentalmente ignorato nell’ultimo paio d’anni, ma i nostri rivali hanno piani seri con risorse serie per capire come operare lassù. Ora, come vediamo, c’è un certo interesse da parte degli Stati Uniti, anche se in ritardo” disse Titley già tempo addietro.
Ad ottobre 2022 l’Amministrazione Biden ha reso pubblico un documento intitolato “National Strategy for the Arctic Region”, ovvero “Strategia nazionale per la regione Artica” in cui viene articolata la strategia che gli USA prevedono seguire nel prossimo decennio.
Secondo l’analisi proposta da Politico, la guerra in Ucraina avrebbe intensificato l'interesse statunitense sulla regione e aumentato le preoccupazioni delle potenze coinvolte, ma l’esperienza degli USA sarebbe poca e poco efficace.
In ogni caso, il timore che la Russia porti avanti il suo progetto di dominio della regione c’è e non è da sottovalutare. Perché “Ciò che accade ora nel Nord è importante. Ha un effetto diretto sulla sicurezza ovunque", come ha dichiarato l’ammiraglio Rune Andersen, comandante della Marina e della guardia costiera norvegese a Politico.
Di fronte a queste considerazioni economiche e politiche, gli attivisti ambientali sono allibiti e affermano che le preoccupazioni delle grandi potenze sulle questioni geopolitiche e di sicurezza alla base dell’intensificarsi dell'uso della “Northern Sea Route” hanno un solo obiettivo: sviare l’attenzione su un tema ben più cruciale per l'umanità intera, ovvero lo scioglimento dei ghiacci artici.