Un cuore 10 anni più giovane? Una nuova terapia genica dimostra che è possibile
Secondo un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani e inglesi e pubblicato su Cardiovascular Research, è possibile salvare un cuore malato somministrandogli un gene anti-invecchiamento diffuso tra i centenari.
Scienziati del Gruppo MultiMedica e dell'Università di Bristol hanno scoperto un nuovo gene anti-invecchiamento che si è dimostrato in grado di ridurre l'età delle cellule cardiache di almeno un decennio, il che potrebbe essere d'aiuto nel trattamento dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca.
«I ricercatori ipotizzavano da tempo che i centenari dovessero avere un codice genetico unico che li proteggesse dai danni dell'invecchiamento», osserva Sarah Knapton, redattrice scientifica del The Telegraph.
«Alcuni studi recedenti avevano dimostrato che i portatori di una variante del gene BP1FB4 sono associati a una longevità eccezionale e sono meno inclini a complicanze cardiovascolari», ha aggiunto Sarah Knapton.
Nel corso degli esperimenti realizzati, il team di ricercatori ha scoperto di poter iniettare con successo il gene BP1FB4 nel cuore di topi anziani utilizzando un virus come metodo di somministrazione.
«I ricercatori hanno scoperto che si è verificato un riavvolgimento dell'orologio biologico del cuore dell'essere umano di oltre 10 anni», aggiunge la Knapton.
Inoltre, si è osservato che l'introduzione dei nuovi geni nelle cellule danneggiate ha innescato la rigenerazione del tessuto cardiaco. Come ha osservato Knapton, ciò ha contribuito a ripristinare le funzioni perdute attraverso la costruzione di nuovi vasi sanguigni.
«Oggi abbiamo una nuova conferma e un allargamento del potenziale terapeutico del gene», ha dichiarato in un comunicato Annibale Puca, capo laboratorio presso l'IRCCS MultiMedica.
«Ci auguriamo di poterne presto testare l'efficacia anche nell'ambito di trial clinici su pazienti con insufficienza cardiaca», ha aggiunto Puca.
Lo studio è stato coordinato anche dal professor Paolo Madeddu, specialista in medicina cardiovascolare sperimentale presso l'Università di Bristol, che ha spiegato perché questa ricerca è così importante.
Il professor Madeddu osserva: «La funzionalità del cuore e dei vasi sanguigni è compromessa dall'invecchiamento. Tuttavia, la velocità con cui si verificano queste alterazioni nocive è diversa da persona a persona».
«Il fumo, l'alcol e la vita sedentaria accelerano l'orologio dell'invecchiamento, mentre mangiare bene e fare esercizio ritardano l'invecchiamento del cuore», aggiunge Madeddu.
«I nostri risultati confermano che il gene mutante sano può invertire il declino delle prestazioni cardiache nelle persone anziane. A questo punto ci interessa capire se anche la somministrazione della proteina al posto del gene possa funzionare», conclude Madeddu.
Le terapie geniche sono ampiamente utilizzate nella medicina moderna, ma Madeddu e il suo team ritengono che curare le malattie cardiache utilizzando un trattamento a base di proteine sia un'opzione molto più valida per una terapia a lungo termine.
Secondo il direttore associato della British Heart Foundation, il professor James Leiper, che ha contribuito a finanziare lo studio coordinato dal professor Madeddu, la ricerca sul ringiovanimento del cuore è ancora agli inizi.
«Si tratta di una ricerca ancora in fase iniziale, ma che un giorno potrebbe offrire un sistema terapeutico rivoluzionario per i soggetti affetti da insufficienza cardiaca e persino impedire lo sviluppo di questa condizione debilitante in primo luogo».